di Carlo Fagiolini
Al mio ritorno a chi mi ha chiesto se mi sono “divertito” non ho saputo rispondere, perché andare in India e viaggiare nel suon ventre è tutt’altro che un “divertimento”, parola di cui nel Treccani trovi sinonimi come “diletto, ricreazione, sollazzo o svago”. Il clima per me ha comportato subire una sauna per h 24/7 restando coperto da un leggero abbigliamento che mi diventava sgradevolmente appiccicoso, con sollievo solo quando mi sentivo ristorato avvicinandomi ad un ventilatore o un condizionatore d’aria, con la logica conseguenza di minarmi la salute. Nei primi giorni e in certe occasioni ho nascosto ai compagni di viaggio ai quali stavo vicino che avrei desiderato perfino trovare una scusa per ritornarmene a casa. Ma la testardaggine, l’orgoglio e l’esperienza maturata in tanti viaggi e in terre lontane, mi hanno distolto da questo stupido pensiero. Ero cosciente e determinato a vincere questa scommessa tanto che col passare del tempo mi sono adattato, notando che verso gli ultimi giorni c’era anche chi quell’insopportabile clima lo pativa più di me.
Con Bhalo non possiamo permetterci quello che si può pretendere da un tour operator. Con Bhalo ci si deve aspettare quel tanto, o poco, che ci viene messo a disposizione e che deve essere sufficiente e gradito per una persona onesta e coscienziosa.
In ogni caso l’India non è certo un paradiso terrestre. Forse è proprio qui che Dio fece sprofondare Adamo ed Eva, in questa terra dove trovavano tutto quanto serviva per sopravvivere, ma lavorando duramente e sudando come bestie. La stragrande maggioranza di quel 1,4 miliardi di essere umani, tira a campare in tuguri che non sono case ma giacigli dove dormono quando piove e trovano una qualche intimità di notte, perché tutto il resto della vitala passano all’aria aperta, per altro irrespirabile, almeno per noi, nei pressi dei centri abitati a causa di un inquinamento che si taglia a fette.
Sono tornato in India dopo 14 anni esatti e l’ho trovata ricca di poveri come la volta precedente, con la sola differenza che ogni giovane oggi ha in mano uno smartphone di ultima generazione, come nemmeno in Europa tutti possono permettersi. Fino nei posti più sperduti hanno portato l’elettricità ed hanno seminato a spaglio antenne ricetrasmittenti che svettano in un cielo sempre incolore. I ricchi ora sono più numerosi, visto che a Calcutta puoi trovare prodotti di lusso in tanti centri commerciali dove si espongono merci con prezzi equivalenti ai nostri, in questo paese dove uno che lavora percepisce un ventesimo di un collega italiano.
Con Bhalo abbiamo visitato tante istituzioni dove arrivano i nostri aiuti per far studiare ragazzi che non ce la farebbero con le proprie risorse, o per curarli nelle malattie, o perché non hanno più una famiglia. In questi incontri abbiamo portato il nostro saluto e la nostra concreta solidarietà. I bambini ci hanno accolto con calore, cantando o ballando in nostro onore. Non sono mancati momenti di autentica allegria quando ci siamo uniti e mescolati con loro cercando di imitarli; sono stati i momenti più gioiali, forse gli unici in cui possiamo dire di esserci davvero divertiti. Bhalo è nata per questi scopi e chine fa parte attiva ne è fiero.
L’India l’ho trovata cambiata in peggio e piena di contraddizioni, più di quanto non lo avessi percepito durante il viaggio precedente. Anche se ci sono nuove strade, ponti, viadotti e palazzi grandi e moderni, ho avuto l’impressione che oggi nella vita degli indiani ci sia più disagio. Penso che sia l’effetto di una distorta globalizzazione che, accanto ad una tecnologia sempre più avanzata, porta i poveri ad essere sempre più poveri ed i ricchi a diventare più ricchi. Si tratta di una globalizzazione che avvicina popoli più evoluti ad altri più disperati, dove i primi ne approfittano per arricchirsi a scapito dei secondi, con un egoismo perfino fonte di guerre, che quando non sono dirette, si fanno per interposti profittatori. Se il nostro governo chiude la porta a centomila pezzenti che arrivano sui barconi ogni anno, cosa dovrebbe fare il governo di uno stato come l’West Bengala dove ne arrivano un milione dal confinante Bihar, e gli abitanti locali, già di per sé miserabili, devono far posto ai nuovi disperati? Questa marea di gente ovviamente non trova sistemazione per stare al riparo delle intemperie e per far dormire al coperto i loro bambini, quindi creano nuovi slum lungo la ferrovia o a ridosso della grande montagna di rifiuti di una megalopoli come Calcutta. La mia voglia di scattare foto di ciò che vedevo si è bloccata di fronte ad alcune situazioni di indigenza, di fronte a bambini semi-nudi ma sorridenti o davanti a stamberghe inconcepibili per essere definite abitazioni, pur semi offrivano di entrarci. Non ce l’ho fatta a tirar fuori l’apparecchio per fotografare perché avevo la sensazione che documentare quelle situazioni significasse rubare immagini che avrebbero offeso la dignità di cui è dotata anche la gente miserabile: sono pur sempre esseri umani e non godono degli elementari diritti che anche a loro dovrebbero essere garantiti.
Il “Bharat” – nome che stanno ripristinando sostituendolo a quello di “India” istituito nei secoli passati dai bianchi – è colpito da grandi calamità che si accavallano l’una sull’altra, beghe ben diversedal portare con una naveda guerra dieci sciagurati epoi,con un altro viaggio, altri ottonei nuovi campi profughi allestiti di tutto punto in Albania. Al solo pensiero di certiirrisolvibili problemi per l’India ho provato compassione perModìche non saprà da che parte rifarsi per sopportare sulle spalletante ed enormi emergenze da gestire.
Temo che il Bharat non ce la farà mai ad essere un paese normale, con 28 stati diversi, per storia, per lingua, per religione, per cultura. Un coraggioso prete di strada una volta disse: “Per uscire dal questo degrado in India ci vuole una rivoluzione”. Era un modo di dire, senza pretese. Una rivoluzione uso quella della Cina contro Chiang Kai-Shek o dell’Iran contro lo Shah Reza Palhavi è inimmaginabile in un nazione complessa, vasta e multietnica come il Bharat.
Ad ogni buon conto il viaggio da poco concluso è stato utile, interessante ed istruttivo, anche se rare volte divertente. Abbiamo avuto modo di familiarizzare e socializzare con diverse realtà a cui Bhalo porge il suo generoso aiuto, con volontari senza altro scopo se non quello di portare uno spizzico di speranza in qualche angolo di questo smisurato territorio. E’ risaputo che con i nostri viaggi l’aiuto portato nel Bharat non è ben visto dal governo locale, perché equivale ad una pisciata in mare, che crea illusioni non essendo la soluzione degli immani problemi qui da affrontare. In ogni caso ne vale la pena perché con la nostra associazione ci sentiamo in qualche modo utili; quanto meno facciamo sentire a quei derelitti che non debbono ritenersi sempre abbandonati e dimenticati e che la nostra presenza è un tangibile segno di solidarietà e di amicizia fra i nostri popoli.
Ho già avuto occasione durante il viaggio di accennare alla comitiva che vivere per giorni e giorni fra persone prima non conosciute né mai viste, con età e caratteri diversi, porta ad instaurare rapporti di amicizia e simpatia non immaginabili alla partenza. Condividere sempre il tempo e le emozioni, in ogni circostanza della giornata, induce a provare nostalgia dei compagni di comitiva già dal momento in cui si arriva alla fine del viaggio, come se ci si dovesse separare per sempre da una vita trascorsa insieme.
Sono certo che non mancheranno occasioni per ritrovarci, salutarci e ricordare con vivo piacere i momenti vissuti insieme nella nostra trascorsa avventura in India.