Viaggio in Congo, con Matteo

21 gennaio 2013

Premessa
Approfondire, comprendere, capire. Questo cerco di fare in ogni viaggio che compio nel Sud del mondo.
Cerco di studiare, di formarmi il più possibile, prima dei viaggi, leggendo libri, articoli e confrontandomi con amici e volontari, del Bhalo e non, che hanno già fatto esperienze simili. Cerco di capire anche durante il viaggio stesso, parlando con tutte le persone che incontro e soprattutto con i nostri amici referenti dei Paesi in cui operiamo.
È proprio per questo che nell’ultimo viaggio ho chiesto a Marie Jeanne e a Henriette, sua amica e direttrice della scuola paesana, di accompagnarmi a fare un giro per il villaggio.
La scuola, gli orfanotrofi sono già tuffi nella loro realtà, nella loro vita, ma ero, eravamo curiosi di vedere dove abitavano, chi erano le loro famiglie.
Le emozioni
Cammino per Katana con Marie Jeanne, Henriette, Alessandro, Marco, Alice e Carlo. La terra rossa, la vegetazione rigogliosa, le classiche icone dell’Africa nera.
Troviamo la prima casa, una capanna, ed ecco che, da dietro un albero esce timoroso un bambino. Mi dice il suo nome, François, e scopro che è un bambino sostenuto dal Bhalobasa.
Escono altri bambini, due, tre, quattro, cinque sei, quanti sono! Le due ore seguenti sono un susseguirsi di incontri, di scoperte e di emozioni. Vediamo dove e come vivono, cosa mangiano, la realtà e le difficoltà della loro quotidianità.
Mi volto, alla fine di una delle passeggiate più emozionanti della mia vita, e insieme a me, a noi, stanno camminando più di cinquanta bambini.
Il Congo
Con settanta milioni di giovanissimi cittadini e un territorio grande nove volte quello dell’Italia, il Congo è senza dubbio uno degli Stati più martoriati e sfruttati.
Già alla fine del XIX secolo Leopoldo II, re del Belgio, causò la morte di circa due milioni di persone per impossessarsi dell’avorio e del caucciù. Ma il Congo è ricco anche di legna, oro, diamanti. E l’80% del coltan, un minerale nero in cui è possibile rintracciare il tantalio, metallo con cui si realizzano condensatori di piccole dimensioni ma molto efficienti (essenziali in dispositivi portatili come i cellulari e i computer, ad esempio), si trova in questo Paese.
Tale abbondanza di risorse ha reso da sempre il Congo un territorio ambito dai potenti di turno che lo hanno sistematicamente saccheggiato, fomentando l’instabilità e la guerra.
Re e dittatori hanno costantemente favorito interessi economici che hanno arricchito i colonizzatori, i loro entourage, i potentati politici indigeni e le loro famiglie, basando tutto sullo sfruttamen- to di un popolo indifeso e alimentando ingiustizie intollerabili.
L’incomprensibilità
Nous voulons la paix, noi vogliamo la pace. Questa è l’unica cosa che ci hanno chiesto con forza e con orgoglio. Non un aiuto economico, non cose, non strutture, solo la pace. Avevano tutto, ma tutto gli è stato sottratto, portato via. Com’è possibile comprendere tutto questo? Nessun libro, nessuna conversazione potrà mai riuscire a farlo capire. Solo quegli occhi hanno provato a spiegarmi. Vogliono la pace, come possiamo aiutarli? Tante sono le risposte e nessuna, in certi momenti, sembra avere un senso. E io non ho la forza di guardarli negli occhi e dire loro le poche cose che cominciano a essere chiare. Avrei solo voglia di scusarmi e di abbracciarli forte. Ci provo, ma riesco a fare solo la seconda cosa.
A fronte di oltre un secolo di sfruttamento le scuse suonano dentro di me come qualcosa di inadeguato. Anche se forse, riflettendoci meglio, non lo sarebbero.
di Matteo Ferrucci

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