Sensazioni d’Ecuador

21 maggio 2014

di Marta Galluzzo
Viaggio con il Bhalobasa Ottobre 2013
Cinguettiii di vario tipo, trilli e percussioni in lontananza, musica rock dirà in seguito qualcuno…(forse Michele?) apro gli occhi, la luce è forte e limpida, sincera e senza filtri, come quella della mia città d’origine.
Mi sento contemporaneamente a casa e nel posto più esotico della mia vita, non ho viaggiato tanto, e ora sono dall’altra parte del mondo, del mondo che ho sempre vissuto.

Il letto accanto ad una grande finestra aperta con la zanzariera, grandi foglie, vegetazione fitta e molto verde e generosa.
Ho dormito su un letto largo, comodo e pulito, sotto un baldacchino con zanzariera, avvolta in una coperta rossa, un letto caldo e accogliente.
Sorrido a Giulietta, per la prima volta mia compagna di stanza, buongiorno!
Che meraviglia! Osserviamo che nel nostro viaggio abbiamo visto tre realtà del paese, tre realtà sonore: i rumori urbani della città di Quito, quelli agresti e antichi de la Comunidad di Nizag sulle Ande e quelli di Shandia, il villaggio di turismo comunitario dell’Amazzonia.
La notte a Quito tanti cani abbaiano e la musica fino ad una certa ora va avanti, salza e merenghe, rumori di motori di macchine e camion. Tantissimi taxi, gialli.
Le auto vanno a benzina e diesel, l’aria è pesante, inquinata.
Nell’edificio dove dormiamo Alessandra, Sole ed io c’è un asilo nido, la mattina arrivano ad uno ad uno i bambini accompagnati dai genitori, più spesso dalle mamme ma anche da qualche babbo. Sono coloratissimi e piccoli di statura, molti con il poncho di lana.
Cominciano i rumori dei lavori (scavano sotto un marciapiedi) e le voci umane, bambini che chiamano e adulti che cantano. Il quartiere è squallido, malandato, tante scritte sui muri… una mattina leggo sul muro davanti alla porta d’ingresso, aldilà della strada: MEDITATION ES L’OjO DE L’ALMA. Bene, un bel messaggio!
L’arrivo a Nizag, villaggio andino, avviene al buio, qui fa buio alle diciotto e luce alle sei, riusciamo a capire poco dove ci troviamo, che tipo di posto sia. Ci conduce al paese un piccolo omino asciutto e bruciato dal sole, vestito di nero, sale improvvisamente sul nostro pulmino e dà indicazioni a Carlos, la nostra guida e il nostro autista, persona squisita.

Poi a piedi con gli zaini fino alla casa dove alcuni di noi dormono. Andiamo a letto prima del solito, c’è buio fitto a Nizag, ma il cielo è coperto, pioviggina, non si vedono le stelle… dopo una leggera minestra di bietola e patate e una tisana di citronella andiamo a nanna.
La notte a Nizag si sentono ragliare gli asini e grugnire i maiali, cantare i galli, tantissimi davvero.
Nizag, il nome della Comunidad deriva dal francese, forse da Nizza… è divisa in associazioni, quella agricola, quella turistica, quella dei bar e negozietti alimentari e quella dell’artigianato, ogni associazione ha un rappresentante e la Comunidad ha un presidente.
Nella Comunidad anche un sistema di riutilizzo della “basura” e raccolta differenziata.
Gli abitanti hanno un abbigliamento povero e molto colorato, specialmente le donne e i bambini. I colori sono il rosso, il blu elettrico, il verde bottiglia. Si usano i ponchi di lana pesante, di solito rossi, e le donne portano le gonnellone con la base ricamata.
Portano cappellini di feltro bianco per proteggersi dal sole che qui picchia, e sono scalzi o hanno scarpette di plastica nera.
Andiamo a visitare la scuola.
A Nizag ci sono tantissimi bambini, camminano a gruppi per il paese, i fratelli più grandi si portano dietro quelli più piccoli, anche neonati legati con una stoffa alla schiena… nella scuola, dai 3 ai 13 ci sono quattrocento alunni su 3000 abitanti!
Gioco con un gruppetto di bimbe a “lupo cosa fai?” e ridiamo tanto… li trovo svegli e istruiti, sanno esprimersi e comportarsi, sono bambini maturi, sembrano più piccoli, per via della statura ma grandi in autonomia e capacità di comunicare.
Siamo nella natura antica, quella attiva, contadina, brulicante… per le stradine i ritmi sono lenti ma ognuno fa qualcosa, soprattutto le donne, c’è chi raccoglie fichi, chi pulisce il mais, dà da mangiare ai maiali, stende il bucato che ha rigorosamente lavato a mano sulla pietra, chi porta maiali e pecore al pascolo, porta a casa fascine di erbe raccolte… per esempio l’alfa alfa! L’alfa alfa è un’erba medica ricca di innumerevoli proprietà, dall’arabo =padre di tutti i cibi.
Negli orti c’è una buona produzione di frutta: verdura, ortaggi ed erbe aromatiche, ci sono avocado, banane e pomodori degli alberi, pomodori, patate, bietola e cavoli, lenticchie, quinoa, citronella, melissa e lemon grass.

C’è anche la musica a Nizag, quella dal vivo della piccola banda che fa le prove al barrino ma anche quella registrata, di pessima qualità e assordante, che si ascolta con una faticosa dose di rispetto…
C’è Agustina, la nostra guida locale, una donna molto interessante, vispa e curiosa, che ci racconta e ci porta in passeggiata, ci fa conoscere la Comunidad e ci spiega il suo funzionamento.
E ci sono i bambini affettuosi e pieni di curiosità, ci spiano, ascoltano la nostra riunione e mi dicono che qualcosa capiscono, alcune parole sono uguali… sì, lo stesso per noi!
Partiamo da Nizag la mattina presto, molto presto e forse anche per questo mi accorgo di essermi affezionata, nella Comunidad mi sembra di lasciare un pezzetto di cuore.
Durante il giorno viaggiamo tanto in pulman e visitiamo Banjo, giornata stancante, l’arrivo a Shandia è meraviglioso, ci accoglie una splendida luna piena, un bel regalo della natura…
Grazie al Bhalo per quest’esperienza e grazie ai compagni di viaggio con i quali ho vissuto un ottimo clima di gruppo!

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