Je suis africain

23 marzo 2016

N.B.Piccola e doverosa premessa alla news. A seguito dell’attentato del 15 gennaio e delle raccomandazioni ferree (tuttora valide e in corso) di non recarsi in Burkina Faso da parte della Farnesina i due gruppi allora in partenza hanno dovuto rinunciare ai viaggi programmati. Per uno dei gruppi è stata la seconda volta consecutiva, dopo il colpo di stato di fine 2014. Durante un direttivo ad hoc abbiamo preso la decisione, sofferta, prudente e responsabile stante la situazione, di chiudere i viaggi a partecipanti esterni e di far partire solo, una volta possibile e sicuro anche per i nostri referenti, gruppi molto ridotti di volontari esperti (David Tosi è il referente del Burkina Faso ed è già stato molte volte nel Paese, con la moglie Maria Grazia e Alessandro e Giulietta). Vogliamo continuare la nostra opera nel Paese, con sempre più incisività, e portare avanti sostegni a distanza e progetti in Burkina, stando vicini ai nostri amici, ai referenti e ai bambini e alle persone che sosteniamo, senza mettere a rischio nessuno. Bhalobasa è cuore, grande, ma quando si fa volontariato in luoghi delicati occorre usare ancora di più la testa e mantenersi lucidi per continuare ad aiutare davvero. Non appena possibile riapriremo i viaggi solidali in Burkina, ma per il momento è necessario e indispensabile agire solo attraverso viaggi meramente tecnici, di verifica e lavoro. Grazie ancora ai nostri volontari che sono partiti, portandoci informazioni importanti. Grazie a voi per l’attenzione.
(associazione Bhalobasa Onlus)

“Je suis africain” campeggia su uno striscione apposto davanti all’hotel Splendid di Ouagadougou. Di quello che resta dell’hotel Splendid dopo l’attentato del 15 gennaio.
Mi è venuto spontaneo ripeterlo e poi tutti insieme. Siamo africani. Non solo per trasporto di cuore, ma per la condivisione di speranze, paure e passioni.
Le valigie nel corridoio hanno atteso invano di essere caricate e di andare verso l’aeroporto; la notizia dell’attentato ci colse già pronti a partire; ansia, voli annullati, sia nell’immediato che nella settimana seguente, a metà gennaio.
La voglia di vedere i nostri amici che, tutti, ci chiedevano di non essere abbandonati o dimenticati, ci ha fatto superare sia la paura che le difficoltà economiche e organizzative. L’ambasciata burkinabè di Roma ci ha rinnovato il visto senza aggravio di costi, ma questa è stata l’unica concessione.
E poi si parte! Ed il viaggio è quell’avventura umana che Bhalobasa ci ha insegnato a vivere! Anche un viaggio di verifica ci rinnova gioia ed emozioni.
Si verificano i sostegni, se i bimbi vanno a scuola: Alessandro fa le foto, Giulietta annota i tratti che ce li possano far riconoscere una volta rientrati, Maria Grazia aiuta a cercare i nomi sulla lista, io cerco di scrivere tutto in modo leggibile mentre cerco di capire il francese imparato da poco da tutti questi bimbi.
Abbiamo incontrato 36 bambini fra Po e Tiébélè, circa un quarto di tutti quelli sostenuti da Bhalobasa in zona. Ci hanno raccontato di sé, delle loro aspirazioni e dei problemi. “Vorrei diventare medico”, “Io maestra!”, “Io voglio fare la suora infermiera!”, “Io il doganiere”, “Io voglio fare il pompiere, così avrò l’acqua per potermi lavare tutti i giorni!”. Ed in cuore sappiamo che sarà dura, ma che cercheremo di fare del nostro meglio perché il loro sogno si realizzi.
I 40 gradi sono spesso superati, di notte non si scende mai sotto 30°. Il vento di harmattan è impietoso: caldo, caldo, caldo e pieno di polvere che entra dappertutto.
Verifichiamo anche i progetti, quelli che sono stati chiusi da poco o che sono in corso, valutiamo insieme ai nostri amici se sono stati utili, se serve cambiare qualcosa, se tutto procede come pianificato. L’obsolescenza da queste parti è molto più rapida che da noi.
Grazia e Patrizia a Sokourani ci aspettano e vorrebbero che stessimo di più con loro. Ci vorremmo stare un mese, tre mesi, un anno a condividere e costruire questo angolo di accoglienza per tanti bambini e ragazze in difficoltà, ultimi fra gli ultimi, ai quali cercano di fornire la spinta in più per essere almeno pari ai più fortunati nella scuola e nella vita. Occhi e mani di bimbi ci accolgono festanti, bisognosi di vicinanza e contatto umano. Io non so se c’è un motivo diverso per voler affrontare tante traversie ed incomprensioni, e volersi confrontare con le proprie paure ed i propri limiti, ma quest’incontro a noi basta. La relazione privilegia le persone sulle cose e sul denaro, questo è il valore del Bhalo, non solo sulla carta, ma che diviene esperienza concreta.
Mille emozioni ci accompagnano, mille occhi ci rimangono nella memoria, la voglia di ripartire subito è fortissima perché non andiamo per turismo, noi in realtà stiamo tornando a casa, perché “siamo africani”.
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In foto: noi quattro, con Irene, a Tougouri. Irene si è diplomata ed ora vorrebbe andare all’Università a studiare lingua tedesca

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